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SEZ. DISABILITA NEWS Anno Scolastico 2020-2021 e disabilità: la fotografia dell’ISTAT

14 Gennaio 2022 , Scritto da Angela Cecere Con tag #SEZ. DISABILITA NEWS

SEZ. DISABILITA NEWS Anno Scolastico 2020-2021 e disabilità: la fotografia dell’ISTAT

INSERITO DA ANGELA CECERE Aumento del numero di alunni e alunne con disabilità, con una migliore partecipazione alla didattica, scarsa competenza dei docenti (curricolari e di sostegno) sui modelli inclusivi, ancora limitata accessibilità agli edifici scolastici, carenza di assistenti all’autonomia e alla comunicazione, specie nel Mezzogiorno, e crescita anche dei docenti di sostegno, inversamente proporzionale, però, alla loro formazione specifica: sono questi, in estrema sintesi, i dati principali del nuovo Rapporto ISTAT sull’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, riferito all’Anno Scolastico 2020-2021 Nell’Anno Scolastico 2020-2021 sono aumentati gli alunni e le alunne con disabilità che frequentano le scuole italiane: oltre 300.000, con un incremento di circa 4.000 (3,6% sul totale degli iscritti). In questo secondo anno scolastico di pandemia, inoltre, è migliorata la partecipazione alla didattica, se è vero che dal 23% dell’anno precedente sono scesi al 2,3% coloro che sono stati completamente esclusi dalla didattica a distanza. Nei periodi in cui se ne è fatto ricorso, infatti, sono stati il 38% quelli che hanno partecipato in presenza insieme ad altri compagni. Sul fronte, infine, degli insegnanti per il sostegno, continua a crescere il numero di esse, con un rapporto alunno-docente migliore di quello previsto dalla legge, ma uno su tre non ha una formazione specifica e il 20% viene assegnato in ritardo. Sono questi, in estrema sintesi, i dati principali che emergono dal nuovo Rapporto ISTAT sull’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, riferito all’Anno Scolastico 2020-2021, al cui testo integrale rimandiamo i Lettori e le Lettrici (a questo link). Tra gli altri dati di particolare interesse presenti nel Rapporto dell’ISTAT, da segnalare quella che appare come una buona risposta della scuola alla domanda di dispositivi informatici, cui però fa da contraltare l’ancora scarsa competenza dei docenti – curricolari e di sostegno – sui modelli inclusivi, «necessaria – come viene scritto – per la progettazione di percorsi didattici efficaci che coinvolgano tutti gli studenti della classe senza esclusioni di alcun tipo». Questo tipo di formazione riguardante le metodologie inclusive, infatti, «non risulta ancora molto diffusa, giacché solo il 24% dei docenti curricolari ha partecipato a corsi di formazione su tali tematiche, e il 28% degli insegnanti per il sostegno», con un primato negativo per gli insegnanti della scuola secondaria di secondo grado. E ancora, sul fronte delle barriere architettoniche appare ancora limitata l’accessibilità negli edifici scolastici, problema che diventa ancora più grave per gli alunni e le alunne con disabilità sensoriali, in riferimento alle barriere senso-percettive. Infine, sul tema “caldo” degli assistenti all’autonomia e alla comunicazione, trattato ampiamente anche da FISH e FAND (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap e Federazione tra le Associazioni Nazionali delle Persone con Disabilità), durante una recente audizione al Ministero dell’Istruzione (se ne legga sulle nostre pagine), l’ISTAT evidenzia, soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia, la carenza di tali figure, ritenute «determinanti nel supportare l’alunno e coadiuvare le famiglie in un impegno a volte molto gravoso». Sempre in tema di scuola e in particolare sulla continuità dell’insegnamento di sostegno, vale senz’altro la pena ricordare in conclusione anche la Proposta di Legge sulla continuità didattica dei docenti specializzati per il sostegno didattico agli alunni con disabilità e norme varie per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica, presentata appena prima di Natale dalla FISH, sulla quale ci siamo già ampiamente soffermati. (S.B.)

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SEZ. DISABILITA NEWS La differenza fra accessibilità e progettazione universale

13 Gennaio 2022 , Scritto da Angela Cecere Con tag #SEZ. DISABILITA NEWS

SEZ. DISABILITA NEWS La differenza fra accessibilità e progettazione universale

INSERITO DA ANGELA CECERE «Usando una metafora calcistica, l’accessibilità è come avere una buona difesa, pur sapendo che non è facendo catenaccio che si vince. Progettazione universale, invece, vuol dire andare oltre il discorso delle barriere architettoniche, vuol dire avere sensibilità e visione per chi è diverso, cercando di capirne bisogni e desideri, mettendolo in connessione con il resto dei fruitori di un oggetto, spazio o territorio che sia»: a dirlo è Giulio Ceppi, architetto e designer, docente al Politecnico di Milano, direttore di un nuovo corso sulla progettazione universale, che partirà in aprile Ricordo spesso Archidiversity, di cui ho scritto a suo tempo anche su queste pagine, progetto che coinvolgeva i più grandi progettisti italiani nascendo dalla capacità visionaria di Luigi Bandini Buti e Rodrigo Rodriquez (qui un mio loro ricordo), iniziativa che invitava le archistar a progettare secondo i princìpi della progettazione universale. Ora, sulle loro tracce, vi sarà  un corso al Politecnico di Milano e non poteva che tenerlo Giulio Ceppi, forse il miglior erede di quella straordinaria generazione. Ho conosciuto Ceppi proprio durante Archidiversity e dall’amicizia che ne nacque abbiamo portato l’avatar robotico al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano, come ho raccontato lo scorso anno. Qui ci parla di quel corso, dei princìpi basilari della progettazione universale e di altri come il cosiddetto inclusive washing (“lavaggio inclusivo”). Ceppi insegna al Politecnico di Milano, è titolare dello studio di architettura Total Tool, ha esposto in Triennale e al Museo della Scienza e della Tecnologia di Milano e alcune sue creazioni sono icone della nostra società. Progetta per un mondo il più possibile per tutti. Non per spirito di solidarietà, ma come visione con rilevanze economiche, oltre che meramente funzionali. Il corso di alta formazione di cui è direttore si terrà al POLI.design a partire dal prossimo mese di aprile, per un totale di 180 ore, 3 giorni a settimana per almeno 20 posti (tutte le informazioni a questo link). Destinato a laureati in materie politecniche, manager e funzionari pubblici, si chiama Design for Inclusion e si propone di «sviluppare modelli relazionali e partecipativi che ne migliorino le condizioni sociali, psicologiche, sia da parte di soggetti privati quanto delle istituzioni pubbliche. Giulio, qual è la differenza fra accessibilità e progettazione universale? «Se dovessi usare una banale metafora calcistica, direi che l’accessibilità è come avere una buona difesa, pur sapendo che non è facendo catenaccio che si vince. Se parliamo di progettazione universale, invece, vuol dire andare oltre il discorso delle barriere architettoniche, vuol dire avere sensibilità e visione per chi è diverso, cercando di capirne bisogni e desideri, mettendolo in connessione con il resto dei fruitori di un oggetto, spazio o territorio che sia. Così si vince, tutti insieme…». Come si crea qualcosa in linea con la progettazione universale? «Credo che il principio fondamentale da capire per noi architetti e designer, ma anche per gli amministratori e i gestori della cosa pubblica, sia il coinvolgere gli utenti nel processo creativo e progettuale: parliamo del tanto sbandierato co-design, ma, ahimè, assai poco praticato. Ascolto, condivisione, partecipazione: queste le nuove pratiche, che vanno però acquisite e governate, andando ben oltre la vaghezza di un brainstorming o di un focus group, come troppo spesso si crede ancora che basti». Cos’è l’inclusive washing? «Mi sembra che ultimamente si parli molto di inclusione, come si parla di sostenibilità. In entrambi i casi esiste il rischio che solo se ne parli e che poi vi sia poco di concreto nella realtà: se esiste il green washing [“lavaggio verde”, N.d.R.], credo oggi esista un parallelo rischio di inclusive washing. Credo serva più coscienza e consapevolezza, in entrambi i mondi». Il “lavaggio inclusivo”, dunque, è un rischio, come quello verde, secondo Giulio. Le parole non bastano, troppo parlare finisce per “slavare i contenuti”, se i contenuti sono solo un bel parlare per attirare l’attenzione. Proseguo con la curiosità. Quanto i giovani progettisti sono preparati nel campo della progettazione universale? «Purtroppo mediamente molto poco. Non ci sono corsi di insegnamento universitari, se non alcune realtà allo stato nascente a Milano, Genova, Pescara… e le realtà più attive sono le singole Associazioni, come Design for All Italia, spesso però con poche risorse economiche a disposizione…». Qual è il senso del tuo prossimo corso al Politecnico? «POLI.design è il consorzio per la formazione postuniversitaria del Politecnico e come missione abbiamo quella di parlare a professionisti, ma anche alle aziende, quanto alle pubbliche amministrazioni: a tutti questi soggetti insieme, perché è solo con l’interdisciplinarietà e il confronto che si può insegnare (quanto apprendere) cosa sia la progettazione universale e l’inclusione. Design for inclusion nasce con questo proposito: essere strumento di confronto e coesione tra diversi attori, tra cui Dynamo Academy, l’Ordine degli Architetti di Milano, la Fondazione Bioarchitettura, ALA assoarchitetti, Design for All Italia… solo per citarne alcuni, senza particolarismi e campanilismi, come troppo spesso ancora accade». Ci sono altri corsi sulla progettazione universale, ma cos’ha di speciale il tuo? «La trasversalità di scala, poiché i tre moduli in cui è pensato vanno dall’oggetto al territorio, passando per l’architettura, e anche l’interdisciplinarietà, in quanto avremo come docenti architetti, designer, imprenditori, amministratori, educatori, avvocati, giornalisti… Competenze disciplinari divere e complementari». Insisto, perché frequentare questo corso? «Perché l’inclusione è uno dei temi del futuro nel mondo del progetto e del sociale, e non capirne nulla vuol dire restare tagliati fuori. Sono nuove competenze professionali che vanno acquisite attraverso un modo diverso di vedere le cose. Senza questi nuovi strumenti si perde inevitabilmente terreno, a mio avviso e questo corso offre quella visione panoramica, trasversale ed interdisciplinare, che altri non offrono».I princìpi di Giulio Ceppi sono quelli di chi scrive da una vita. Senza scrupolo di fare banale propaganda, mi auguro che a quel corso partecipino in molti, perché qui si forgiano le menti future. Quelle per un serio domani per tutti.

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SEZ. DISABILITA NEWS Scuole e disabili: Campania la peggiore per accessibilità Solo una scuola su cinque priva di barriere fisiche

12 Gennaio 2022 , Scritto da Angela Cecere Con tag #SEZ. DISABILITA NEWS

SEZ. DISABILITA NEWS Scuole e disabili: Campania la peggiore per accessibilità Solo una scuola su cinque priva di barriere fisiche

INSERITO DA ANGELA CECERE Nell’anno scolastico 2020-2021 sono ancora molte le barriere fisiche presenti nelle scuole italiane: soltanto una scuola su tre risulta accessibile per gli alunni con disabilità motoria. La situazione appare migliore nel Nord del Paese dove si registrano valori superiori alla media nazionale (37,5% di scuole a norma) mentre peggiora, raggiungendo i livelli più bassi, nel Mezzogiorno (28,4%). La regione più virtuosa è la Lombardia, con il 42,5% di scuole accessibili, di contro la Campania si distingue per la più bassa presenza di scuole prive di barriere fisiche (23%). È quanto emerge da un report dell'Istat.L’assenza di un ascensore o la mancanza di un ascensore adeguato al trasporto delle persone con disabilità rappresentano le barriere più diffuse (45%). Frequenti sono anche le scuole sprovviste di servoscala interno (29%) o di bagni a norma (24,4%). All’interno dell’edificio, invece, raramente si riscontra la presenza di scale (6% dei casi) o porte non a norma (3%) 

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SEZ. DISABILITA NEWS Per dare vita alla vita e non “sopravvivenza alla vita”

11 Gennaio 2022 , Scritto da Angela Cecere Con tag #SEZ. DISABILITA NEWS

SEZ. DISABILITA NEWS Per dare vita alla vita e non “sopravvivenza alla vita”

INSERITO DA ANGELA CECERE Alla base del presente contributo rivolto alle Istituzioni dalla Consulta FNOPI delle Associazioni dei Cittadini-Pazienti, composta da varie organizzazioni di persone fragili, vi è la considerazione dei «bisogni di cura e assistenza insoddisfatti che connotano la quotidianità delle persone affette da fragilità, con patologie croniche e invalidanti», insieme alle «disuguaglianze nelle risposte agli stessi bisogni, quotidianamente registrate sul territorio nazionale, anche in Regioni virtuose». Un contributo, come si scrive tra l’altro, «per dare vita alla vita e non “sopravvivenza alla vita”»Considerando i bisogni di cura e assistenza insoddisfatti a causa delle prestazioni non erogate durante la pandemia e quelli che connotano la quotidianità delle persone affette da fragilità, patologie croniche, invalidanti e le disuguaglianze nelle risposte agli stessi bisogni quotidianamente registrate sul territorio nazionale, anche nelle Regioni virtuose, la nostra Consulta [Consulta FNOPI delle Associazioni dei Cittadini-Pazienti, N.d.R.], vuole fare presente alle Istituzioni che: Manca la partecipazione attiva dei pazienti nella stesura dei PDTA (Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali) i quali, comunque, non sono esplicati per tutte le patologie, ma solo per alcune e in casi particolari. Tutto ciò crea, nei fatti, “cittadini di serie A” e “cittadini di serie B”.  Nel Territorio manca la presa in carico dei pazienti, soprattutto a causa della carenza di risorse strutturali e umane: è necessario potenziare l’offerta dei servizi territoriali e domiciliari, per rispondere efficacemente al bisogno di cure, migliorando l’accesso ai servizi stessi, con l’integrazione dei servizi assistenziali, sociali ed ospedalieri.  Manca l’integrazione tra interventi sanitari e sociali per permettere una presa in carico concreta e la continuità delle cure, evitando alla persona assistita di accedere alle strutture per acuti (pronto soccorso e ospedale), per risolvere problemi che potrebbero trovare soluzione a livello domiciliare. A fronte di un’iperproduzione normativa, mancano all’atto pratico sul territorio i professionisti e le strutture necessarie a rendere fattibili e applicabili le stesse norme, aumentando ulteriormente le disuguaglianze tra Regione e tra Aziende Sanitarie delle stesse Regioni peraltro già presenti. Le carenze si sostanziano in un rifiuto della presa in carico a domicilio e quindi in maggiori difficoltà nella quotidianità e nell’assistenza dei portatori di patologie. C’è una grande preoccupazione anche delle famiglie, che ad oggi assolvono in modalità quasi esclusiva al lavoro di cura anche nelle situazioni di maggiore impatto socio-sanitario, perché la carenza di servizi e professionisti sul territorio è endemica, nonostante la produzione normativa li preveda. Il ruolo del caregiver familiare è centrale, ma non è valorizzato e troppo spesso deve colmare le lacune del sistema.
° Esistono poi specifici percorsi per l’assistenza a determinati pazienti, anche a livello scolastico, esplicati pure in appositi protocolli, che rimangono incompiuti per carenza di risorse, allungando le liste di attesa e acuendo ancora di più i problemi sociali, specie durante la pandemia. Le competenze e le specializzazioni infermieristiche non sono riconosciute, certificate e formalizzate dai sistemi sanitari, rendendo difficile per le famiglie individuare e vedersi riconosciuti i professionisti più adeguati alle problematiche contingenti.  In molte Regioni d’Italia è carente l’attivazione dei servizi domiciliari (l’ADI-Assistenza Domiciliare Integrata , previsti dai LEA-Livelli Essenziali di Assistenza) per le cure palliative domiciliari.
° Per le persone che soffrono di incontinenza urinaria, fecale, stomale e con ulcere cutanee, è necessario sburocratizzate al massimo l’iter per ottenere dagli Uffici Protesi delle Aziende Sanitarie Locali i dispositivi medici monouso (sacche, placche, cateteri, pannoloni, traverse ecc.) previsti per legge. Infatti, queste persone ogni due o tre mesi devono dimostrare di essere in vita (e di farlo a vita) ed effettuare viaggi inutili della speranza, per ottenere gratis questi prodotti, indispensabili per la qualità e la quantità di vita. Per quanto sopra detto, dunque, le Associazioni riunite nella Consulta FNOPI [se ne legga l’elenco nel box in calce, N.d.R.] chiedono, nel rispetto delle specificità professionali:
1. Una logica normativa e attuativa di reale multiprofessionalità e integrazione multidisciplinare, oltreché un’integrazione tra ospedale e territorio che favorisca davvero la continuità delle cure, consentendo di sviluppare operativamente un nuovo modello di assistenza di prossimità e domiciliare. Prevedere quindi nelle linee di indirizzo non solo gli standard quantitativi, ma i modelli di relazione interprofessionale da attuare.
2. Di dare compiutezza e sviluppo alla figura dell’infermiere di famiglia e comunità, che potrebbe essere la soluzione per gran parte dei problemi sopradescritti, ma che oggi, per ragioni di formazione e di carenza del personale, è quasi del tutto assente nelle Regioni o male impiegata dove presente.3. Di ricomporre la frattura dei servizi e la mancanza di integrazione tra ospedale e territorio, compito, questo, che può svolgere lo stesso infermiere, coordinando gli interventi dei vari professionisti, così come il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza descrive per le case di comunità, gli ospedali di comunità e le centrali operative, che senza il necessario personale rischiano di rimanere “caselle vuote”: non basta infatti cambiare i cartelli sulle strutture, è necessario innovarle realmente, dando il giusto peso ai loro contenuti. 4. Di gestire in modo integrato e multiprofessionale le condizioni di disabilità grave e gravissima.
5. Di garantire alle famiglie e ai pazienti la presenza di una figura di riferimento a livello domiciliare e in questo senso ci si appella al Governo al Parlamento perché mettano mano alla reale programmazione non solo sulla carta di interventi e di presenza dei professionisti sul territorio.
6. Di far riconoscere e certificare le specializzazioni infermieristiche affinché il cittadino possa usufruire e richiedere il professionista più competente per i propri bisogni, anche in relazione alla complessità delle persone con necessità assistenziali specifiche.7. Una partecipazione collettiva alla predisposizione dei nuovi modelli di assistenza di tutte le parti interessate, cittadini, pazienti, ogni professionalità del sociale e del sanitario, programmatori ecc. Tutto questo per dare vita alla vita e non “sopravvivenza alla vita”.8. Di andare a definire sempre più specificamente le attività dell’infermiere di famiglia/comunità in relazione ai servizi domiciliari attivati, onde evitare sovrapposizioni, conflitti o possibili inefficienze nella gestione dei pazienti. 9. Di udire periodicamente le Associazioni componenti la Consulta FNOPI, ponendo all’attenzione delle massime Istituzioni nazionali (Camera dei Deputati, Senato della Repubblica, Governo Nazionale e Conferenza Stato-Regioni) i bisogni quotidiani di questi pazienti/cittadini fragili nell’interesse più generale della collettività.

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SEZ. DISABILITA NEWS Servizi residenziali: è tempo di responsabilità, non di chiusure indiscriminate

10 Gennaio 2022 , Scritto da Angela Cecere Con tag #SEZ. DISABILITA NEWS

SEZ. DISABILITA NEWS Servizi residenziali: è tempo di responsabilità, non di chiusure indiscriminate

INSERITO DA ANGELA CECERE «Ci giungono notizie  denunciano dalla Federazione lombarda LEDHA  di nuove sospensione di visite e uscite programmate nei servizi residenziali ove vivono persone con disabilità, a causa della ripresa dei contagi. Lanciamo dunque un appello affinché si evitino chiusure generalizzate e assolute delle strutture residenziali e chiediamo adeguate misure di prevenzione, tenendo conto delle necessità e del diritto delle persone a mantenere relazioni affettive con i familiari, oltre alla possibilità di partecipare alla vita sociale alle stesse condizioni garantite al resto della popolazione» «Le persone con disabilità (minori, adulti e anziani) che vivono nei servizi residenziali sono la fascia di popolazione che ha più sofferto a causa delle restrizioni adottate per contrastare la pandemia da Covid e la diffusione del virus. Speravamo dunque che la fase delle limitazioni alle visite dei familiari e delle restrizioni alle uscite fosse ormai superata e invece ci giungono notizie di nuove chiusure da parte di servizi residenziali che hanno sospeso visite e uscite programmate, anche in occasione delle festività natalizie, a causa della ripresa dei contagi dovuta alla diffusione della variante Omicron»: a scriverlo in una nota è la LEDHA, la Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità che costituisce la componente lombarda della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), lanciando pertanto «un appello affinché si evitino chiusure generalizzate e assolute delle strutture residenziali» e chiedendo «che vengano messe in atto adeguate misure di prevenzione, tenendo conto delle necessità e del diritto delle persone a mantenere relazioni affettive con i propri familiari, oltre alla possibilità di partecipare alla vita sociale alle stesse condizioni garantite al resto della popolazione». In sostanza, la Federazione lombarda invita ad applicare quanto previsto dalla recente Circolare del 29 dicembre della Direzione Generale Welfare di Regione Lombardia, volta a preservare sia le uscite programmate degli “ospiti” che le visite dei familiari. «Un’attenzione – secondo la LEDHA -che deve certamente riguardare in primo luogo i servizi residenziali dove vivono persone con disabilità (minori, giovani o adulti), ma senza trascurare le esigenze relazionali e affettive delle persone anziane con disabilità. La recrudescenza della pandemia, infatti, non deve portare ad assumere decisioni drastiche e sostanzialmente difensive da parte dei responsabili delle strutture residenziali. Al contrario auspichiamo un’applicazione responsabile e prudente delle misure finalizzate a prevenire il contagio. Bisogna garantire da un lato la tutela della salute di tutti e, dall’altro, la possibilità per le persone con disabilita che vivono nei servizi residenziali di continuare a mantenere relazioni significative con i propri familiari e opportunità di vita sociale come una passeggiata o un pomeriggio in famiglia. Non mancano esempi di gestori che hanno messo in pratica modalità di gestione che permettono di bilanciare queste due esigenze. Un percorso che deve quindi riguardare la totalità delle strutture». «Sono trascorsi quasi due anni dallo scoppio della pandemia – conclude la nota diffusa dalla LEDHA – e in questi due anni le persone con disabilità – e in particolare quelle anziane – hanno dovuto subire prima l’impatto della malattia, in alcuni casi tragico e devastante e, successivamente, un lunghissimo periodo di confinamento all’interno delle strutture, con il divieto di uscire unito all’impossibilità (o a forti limitazioni) a ricevere visite. Un prolungato periodo di segregazione che ha causato gravi danni alla salute psichica e al benessere di persone già fragili, e una riduzione sostanziale della loro qualità della vita». (S.B.)

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SEZ. DISABILITA NEWS I luoghi dove è nata la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità

8 Gennaio 2022 , Scritto da Angela Cecere Con tag #SEZ. DISABILITA NEWS

SEZ. DISABILITA NEWS I luoghi dove è nata la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità

INSERITO DA ANGELA CECERE «Anche in prospettiva delle prossime tornate elettorali – scrive Salvatore Cimmino -, credo sarà fondamentale, per chi si proporrà di tutelare i diritti delle persone con disabilità, approfondire la conoscenza della Convenzione ONU sui Diritti delle stesse Persone con Disabilità, per salvaguardare i princìpi di libertà e di uguaglianza che la sostengono. Ma per farlo bisognerà andare “in pellegrinaggio” nei luoghi dove la Convenzione ONU è nata, ovvero ovunque una persona con disabilità sia “imprigionata” da barriere fisiche, sociali e morali, per riscattarne la libertà e la dignità» L’importanza di avere una Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità è data dal fatto che equivale ad una Legge: è uno strumento legale che, una volta ratificato, come è avvenuto da parte della maggioranza dei Paesi Membri delle Nazioni Unite [se ne legga l’elenco a questo link, N.d.R.], diventa per essi vincolante e devono rispettarla nelle Leggi e nelle politiche concrete. In Italia, le ultime Legislature, e in particolare l’ultima, hanno senza dubbio tentato di dare risposte ai cittadini e alle cittadine con disabilità che rischiano quotidianamente l’emarginazione e l’esclusione sociale, attraverso provvedimenti senz’altro ragguardevoli nelle intenzioni, ma rivelatisi assolutamente insufficienti a tutelare realmente, giorno dopo giorno, i diritti fondamentali delle persone con disabilità, per mancanza, innanzitutto, di risorse appropriate e quindi di esigibilità. Finché la classe politica italiana anteporrà il contenimento della spesa alla tutela dei diritti dei propri cittadini e cittadine con disabilità, l’Italia resterà un Paese malato e non si potrà dire né civile né tanto meno democratico. Nella prospettiva delle prossime tornate elettorali, credo sarà fondamentale, per chi si proporrà di tutelare i diritti delle persone con disabilità, approfondire la conoscenza della Convenzione ONU, per salvaguardare i princìpi di libertà e di uguaglianza che la sostengono.
Parafrasando Piero Calamandrei, se voi volete andare “in pellegrinaggio” nel luogo dove è nata la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, andate nei luoghi dove vivono le persone con disabilità, nelle case dove sono “imprigionate dalle barriere fisiche, sociali e morali, nelle Residenze Sanitarie Assistenziali dove muoiono per Covid. Andate dovunque sia “imprigionata” una persona con disabilità, per riscattarne la libertà e la dignità, andate lì, col pensiero, perché è lì che è nata la Convenzione ONU. L’amore, come la democrazia, è una grande parola la cui storia non è stata ancora scritta: solo se si è follemente innamorati (di un’Idea) riusciremo ad inondare il mondo.

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SEZ. DISABILITA NEWS Legge di Bilancio e persone con disabilità: una prima analisi

7 Gennaio 2022 , Scritto da Angela Cecere Con tag #SEZ. DISABILITA NEWS

SEZ. DISABILITA NEWS Legge di Bilancio e persone con disabilità: una prima analisi

INSERITO DA ANGELA CECERE Legge Delega sulla disabilità e Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità, divenuto il Fondo per l’inclusione delle persone con disabilità, finalizzato a fornire piena attuazione agli interventi legislativi in materia di disabilità, come previsto dalla stessa Legge Delega: è il tema iniziale tra quelli trattati dal Centro Studi Giuridici HandyLex in un primo approfondimento dedicato ai vari interventi riguardanti le persone con disabilità e le loro famiglie nella Legge di Bilancio per il 2022, approfondimento di cui suggeriamo senz’altro la consultazione Legge Delega sulla disabilità (Legge 227/21) e Fondo per le politiche in favore delle persone con disabilità, divenuto il Fondo per l’inclusione delle persone con disabilità, finalizzato a fornire piena attuazione agli interventi legislativi in materia di disabilità, come previsto dalla stessa Legge Delega e trasferito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali al Ministero dell’Economia e delle Finanze: è il tema iniziale tra quelli trattati dal Centro Studi Giuridici HandyLex in un primo approfondimento di questi giorni, dedicato ai vari interventi riguardanti le persone con disabilità e le loro famiglie nella Legge di Bilancio per il 2022 (Legge 234/21), approfondimento di cui suggeriamo senz’altro la consultazione (a questo link). L’analisi di HandyLex prende poi in considerazione i LEPS (Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali) per la Non Autosufficienza, il settore del turismo, quello relativo all’eliminazione delle barriere architettoniche (con detrazione delle spese), gli alunni e alunne con disabilità e il trasporto scolastico, fino agli specifici Fondi, tra i quali, oltre a quello già citato per l’inclusione delle persone con disabilità, quello per l’assistenza all’autonomia e alla comunicazione degli alunni e alunne con disabilità e quello per la cura delle persone con disturbo dello spettro autistico. A concludere, infine, il paragrafo sugli incentivi alle Federazioni sportive e sui contributi ad Associazioni e organizzazioni di persone con disabilità. «Gli stanziamenti approvati – rileva HandyLex nella parte introduttiva – ammontanti a circa un miliardo di euro aggiuntivi, con l’istituzione di nuovi Fondi specifici, tendono a fornire sostegno concreto sia alle politiche per l’inclusione, con la realizzazione di progetti di vita indipendente e sia al sostegno delle persone con disabilità e delle loro famiglie». «Non meno rilevante – si aggiunge – va ritenuta la misura prevista per il sostegno all’occupazione femminile, con un incremento di 50 milioni di euro al Fondo per la parità salariale di genere, ampliando le finalità di impiego e prevedendo inoltre che sia destinato al supporto della partecipazione delle donne al mercato del lavoro anche attraverso la definizione di procedure incentivanti le imprese che assicurino la parità di genere. Presso il Ministero del Lavoro, infine, sarà istituito un Fondo per le attività di formazione propedeutiche all’ottenimento della certificazione di parità di genere, con una dotazione di 3 milioni di euro per l’anno 2022». (S.B.)

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SEZ. DISABILTA NEWS Quella Risoluzione dell’ONU sulle Malattie Rare è un importante passo in avanti

6 Gennaio 2022 , Scritto da Angela Cecere Con tag #SEZ. DISABILITA NEWS

SEZ. DISABILTA NEWS Quella Risoluzione dell’ONU sulle Malattie Rare è un importante passo in avanti

INSERITO DA ANGELA CECERE «Uno strumento che servirà a includere le Malattie Rare all’interno del sistema delle Nazioni Unite e che in Europa si tradurrà nello sviluppo di un Piano d’Azione per le Malattie Rare all’attenzione della Commissione Europea»: così da UNIAMO-FIMR (Federazione Italiana Malattie Rare) viene commentata la recente approvazione, da parte dell’Assemblea Generale dell’ONU, di una Risoluzione che riconosce i diritti delle persone con Malattia Rara e delle loro famiglie, iniziativa che proprio grazie all’azione di UNIAMO-FIMR, ha potuto contare anche sull’ampio sostegno del Governo italiano Nel dicembre scorso, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, durante la propria settantaseiesima sessione, ha adottato una Risoluzione che riconosce i diritti delle persone con Malattia Rara e delle loro famiglie, presentata dagli Stati del Qatar, del Brasile e della Spagna e promossa dall’organizzazione RDI (Rare Diseases International), in partnership con Eurordis, la Federazione Europea delle Malattie Rare e con NGO Committee for Rare Diseases. Grazie principalmente all’azione di UNIAMO-FIMR (Federazione Italiana Malattia Rara), il nostro Paese è stato tra i 54 Stati co-sponsor dell’iniziativa: in accordo, infatti, con RDI ed Euirordis, è stata la Federazione UNIAMO a chiedere al Governo italiano di sostenere l’adozione della Risoluzione ONU, ciò che è effettivamente avvenuto. «La Risoluzione – spiegano da UNIAMO-FIMR – è uno strumento che serve a includere le Malattie Rare all’interno del sistema delle Nazioni Unite, per rafforzare la comunità mondiale delle persone che vivono con una Malattia Rara e per promuovere e incoraggiare le strategie nazionali e la collaborazione internazionale. L’attuazione degli elementi chiave, presenti nella Risoluzione nei diversi Paesi, sarà inoltre monitorata e verificata dal Segretario Generale delle Nazioni Unite». «Le Malattie Rare nel mondo – commenta Annalisa Scopinaro, presidente di UNIAMO – che riguardano circa 300 milioni di persone, sono ancora poco conosciute e questa mancanza di conoscenza incide fortemente nella vita delle persone che ne soffrono le quali sperimentano esclusione sociale e discriminazione sin da bambini. I più piccoli e le più piccole, infatti, faticano ad essere inclusi/e e integrati/e nei sistemi educativi insieme ai loro genitori, che lottano per trovare e conservare il posto di lavoro costantemente esposto alle sfide di una persona che vive con Malattia Rara».
«La nostra Federazione – aggiunge – è stata fra i promotori dell’azione sulla Risoluzione ONU e oggi desidero ringraziare il Ministero della Salute e la Missione permanente dell’Italia alle Nazioni Unite che, d’intesa con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, hanno sostenuto la richiesta fino all’approvazione».«Questa Risoluzione – conclude – rappresenta inoltre una pietra miliare per l’inclusività delle donne, che più di tutti sperimentano barriere nell’accesso alle cure, un maggiore stigma e spesso si ritrovano ad essere le uniche caregiver della famiglia». «Questa Risoluzione delle Nazioni Unite sottolineano ancora da UNIAMO-FIMR – promuove il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda ONU 2030, cui sia l’Unione Europea che i singoli Stati Membri si sono impegnati. In Europa questo si tradurrà nello sviluppo di un Piano d’Azione per le Malattie Rare all’attenzione della Commissione Europea. La Risoluzione rappresenta dunque un tassello fondamentale dell’operazione complessiva di re-inquadramento delle politiche attuali e future in materia di Malattie Rare, per affrontare i bisogni insoddisfatti anche delle circa 30 milioni di persone che vivono in Europa con una Malattia Rara». «La tutela dei diritti delle persone che vivono con una Malattia Rara – affermano dalla Missione permanente d’Italia alle Nazioni Unite, che ha sostenuto, come detto, l’adozione della Risoluzione – costituisce una condizione imprescindibile per il pieno riconoscimento della loro dignità e di quella delle loro famiglie e per la realizzazione di una loro piena ed effettiva integrazione nel tessuto sociale ed economico». «Questa Risoluzione – dichiara dal canto suo Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute – è un fondamentale passo in avanti per declinare il diritto universale alla salute nella maniera più ampia ed equa possibile, facendoci carico del benessere complessivo dei pazienti e dei loro caregiver e dando risonanza alla loro voce con un’eco mondiale. In tal senso, il nostro Paese è fortemente impegnato nell’implementazione di strategie nazionali e internazionali per favorire la ricerca clinica, l’accesso ai trattamenti più adeguati e innovativi per i Malati Rari, la corretta formazione e informazione, come testimonia la recente approvazione da parte del Parlamento del Testo Unico sulle Malattie Rare [Legge 175/21 della cui approvazione si legga anche sulle nostre pagine a questo link, N.d.R.]. Pertanto, la spinta e la capacità di fare sistema che le Associazioni dei pazienti possono offrire è assolutamente preziosa e insostituibile».
«Dalla SLA (sclerosi laterale amiotrofica) alla SMA (atrofia muscolare spinale) – conclude Erika Stefani, ministro per le Disabilità -, passando per le patologie mitocondriali, le leucodistrofie, le sindromi di Ehlers-Danlos, le distrofie muscolari di Duchenne, Becker e facio-scapolo-omerale, sono tante le Malattie Rare che si accompagnano spesso a gravi disabilità fisiche, intellettive e del neurosviluppo e dunque con bisogni complessi da tutelare. Sono quindi lieta di poter affermare che abbiamo già iniziato a costruire quanto raccomandato in questa prima Risoluzione dell’ONU dedicata alle sfide delle persone con malattie rare, a partire dalla Legge Delega al Governo in materia di disabilità [Legge 227/21, N.d.R.], prevista dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che ha ricevuto il pieno sostegno e riconoscimento da parte del presidente del Consiglio Draghi e che è stata votata all’unanimità dal Parlamento. Il nostro impegno in questo senso rientra nell’ambizioso obiettivo di ammodernare e rendere più inclusivo il nostro sistema di welfare, in modo che nessuno sia più lasciato solo». (S.B.)

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SEZ. DISABILITA NEWS Un corso per formare esperti di progettazione inclusiva

5 Gennaio 2022 , Scritto da Angela Cecere Con tag #SEZ. DISABILITA NEWS

SEZ. DISABILITA NEWS Un corso per formare esperti di progettazione inclusiva

INSERITO DA ANGELA CECERE «Questa iniziativa si rivolge a tutti coloro che vogliano integrare in modo pratico ed efficace la strategia progettuale “Design for All” e “Universal Design” all’interno della progettazione di edifici pubblici e privati e ambienti accessibili, fruibili e inclusivi per il maggior numero di persone»: lo sottolineano i promotori del primo Corso di Formazione Permanente online “Design for All strategy. Requisiti operativi per la progettazione accessibile e inclusiva: il ruolo dell’inclusive designer”, che si terrà dal 18 gennaio al 22 marzo, a cura del Dipartimento ABC del Politecnico di Milano Prenderà il via il 18 gennaio prossimo, per protrarsi fino al 22 marzo, il primo Corso di Formazione Permanente online denominato Design for All strategy. Requisiti operativi per la progettazione accessibile e inclusiva: il ruolo dell’inclusive designer, promosso dal Dipartimento ABC (Architettura, Ingegneria delle Costruzioni e Ambiente Costruzioni) del Politecnico di Milano, rivolto ad architetti, ingegneri, pianificatori, professionisti delle Pubbliche Amministrazioni, decisori politici, responsabili dei Servizi di Prevenzione e Protezione, nonché a dirigenti di Associazioni e Fondazioni attive sui temi dell’inclusione. «Questa iniziativa – spiegano i promotori – si rivolge a tutti coloro che vogliano integrare in modo pratico ed efficace la strategia progettuale Design for All e Universal Design all’interno della progettazione di edifici pubblici e privati e ambienti accessibili, fruibili e inclusivi per il maggior numero di persone. Il Design for All, infatti, è ora oggetto di standard europei, come l’EN17210, per promuovere l’attenzione verso il benessere dell’individuo e viene attualmente richiesto tra i requisiti di qualità degli ambienti per l’aggiudicazione di gare di progettazione di edifici ad uso e interesse pubblico».
Durante il corso, dunque – che si svilupperà sostanzialmente su tre tematiche (Processo e normativa, Progettazione e Best Practices), verranno forniti contenuti multidisciplinari, tramite il contributo di esperti in ambito accademico e di professionisti del settore, su aspetti metodologici, tecnici e normativi, buone prassi e casi studio di architetture e strumenti prestazionali a supporto della progettazione, oltreché di valutazione della qualità degli edifici. Diretto da Stefano Capolongo, docente del Politecnico di Milano, coadiuvato dalla ricercatrice Erica Isa Mosca – della quale abbiamo presentato a suo tempo la tesi di dottorato volta ad evidenziare uno strumento per valutare il successo in sede ospedaliera della “progettazione universale” – il corso si avvale del patrocinio di numerose note organizzazioni, vale a dire Design for All Italia, l’EIDD (Design for All Europe), CERPA Italia (Centro Europeo di Ricerca e Promozione dell’Accessibilità), l’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica), la SItI (Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica), il CNETO (Centro Nazionale per l’Edilizia e la Tecnica Ospedaliera), il Collegio degli Ingegneri e Architetti di Milano, l’Associazione Rotellando, la Federazione LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità, componente lombarda della FISH-Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e il CRABA di quest’ultima (Centro Regionale per l’Accessibilità e il Benessere Ambientale). (S.B.)

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SEZ. DISABILITA NEWS Per un ripensamento radicale dei servizi rivolti alle persone con disabilità

4 Gennaio 2022 , Scritto da Angela Cecere Con tag #SEZ. DISABILITA NEWS

SEZ. DISABILITA NEWS Per un ripensamento radicale dei servizi rivolti alle persone con disabilità

INSERITO DA ANGELA CECERE «Risulta difficile  scrive Donata Scannavini  continuare a pensare ai servizi rivolti alle persone con disabilità come a qualcosa di rigidamente strutturato, con precise modalità di funzionamento alle quali non si può derogare, con protocolli e standard da rispettare. I servizi, infatti, non possono più essere delle monadi che non hanno alcun rapporto con il territorio, con le Istituzioni, se non quello stabilito dalle leggi, che dialogano con le famiglie solo per ciò che è strettamente necessario, senza un orizzonte, una progettualità comune» Un tema che sta emergendo con forza nel dibattito interno al mondo della disabilità e delle politiche, della progettazione e degli interventi dedicati alle persone con disabilità è quello di un ripensamento radicale dei servizi, della mission e dell’organizzazione di essi, oltreché del rapporto che hanno con tutti gli altri soggetti che ruotano intorno alle persona con disabilità. Prima però di parlare dei servizi, è opportuno riflettere sul cambiamento del modo di considerare la persona con disabilità, in se stessa e in rapporto con la società. Se come dice il dottor Carlo Lepri, psicologo e pioniere dell’integrazione lavorativa delle persone con disabilità intellettiva, fino agli Anni Cinquanta del secolo scorso vi era un approccio medico per cui la persona con disabilità era considerata un “malato da curare”, mentre successivamente l’attenzione si è concentrata sulla famiglia, àmbito in cui il soggetto veniva accudito, oggi il focus è incentrato sulla stessa persona con disabilità, come protagonista attiva della propria vita. Già altrove, su queste stesse pagine, abbiamo parlato del progetto di vita che va costruito con la persona, dove nulla è prestabilito, ma c’è un continuo lavoro in progress, dove tutti gli attori coinvolti operano in sinergia per realizzare gli obiettivi che in primis la persona con disabilità si pone.
Date queste premesse, risulta difficile continuare a pensare ai servizi come qualcosa di rigidamente strutturato, con precise modalità di funzionamento alle quali non si può derogare, con protocolli e standard da rispettare. E oltre: i servizi, infatti, non possono più essere delle monadi che non hanno alcun rapporto con il territorio, con le Istituzioni, se non quello stabilito dalle leggi, che dialogano con le famiglie solo per ciò che è strettamente necessario, senza un orizzonte, una progettualità comune. Troppo spesso i servizi hanno guardato solo al proprio àmbito di intervento: quelli sanitari alla sfera medico-riabilitativa, quelli socio-educativi agli aspetti occupazionali, i servizi sociali a quelli burocratico-economici, come se la persona fosse un collage di tutti questi pezzettini che poi si spera possano magicamente andare al loro posto e consentire alla persona di condurre una vita più o meno soddisfacente. Questo modus operandi non solo non permetteva alla persona con disabilità di raggiungere risultati migliori per sé, ma precludeva ai servizi stessi la possibilità di scoprire le risorse che, ad esempio, il territorio può offrire, le occasioni di collaborazione che si possono creare, i progetti che si possono realizzare insieme. Il mondo dei servizi per le persone con disabilità sta cercando di aprirsi all’esterno, per cogliere quelle opportunità che ci si è resi conto esistere sul territorio, ma che hanno bisogno di essere attivate attraverso il confronto con i vari attori. Pensiamo in questo senso a tutto il mondo del volontariato, del Terzo Settore, non meno che al profit, a imprese, negozi, nei quali le persone con disabilità possono svolgere percorsi occupazionali, che in qualche caso portano a inserimenti lavorativi veri e propri, mentre in altri la persona può comunque sperimentare le proprie capacità e soprattutto avviare relazioni positive col mondo esterno.
Questo è, a mio parere, un punto che merita qualche riflessione in più. Creare occasioni di occupazione per le persone con disabilità non vuol e non deve voler dire trovare dei modi nuovi per far passare il tempo a persone che vengono considerate come “eterni bambini”, qualunque sia la loro età anagrafica, significa invece riconoscere che anche una persona con disabilità può fare qualcosa per gli altri, può avere un proprio ruolo sociale; e non è nemmeno il caso di scomodare psicologi e sociologi per capire quanto sia importante per un individuo avere un proprio ruolo, piccolo o grande che sia, vedersi riconosciuta una funzione, una posizione all’interno di un contesto sociale. Mi piace riportare a questo proposito una suggestione suggerita ancora una volta da Carlo Lepri, che riassumerei così: ciò che conferisce dignità a una persona non è l’essere insostituibile, ma il dover essere sostituita quando manca. Cosa vuol dire? Vuol dire che ciò che dà dignità a una persona non è l’essere insostituibile, nessuno lo è (morto un papa…), ma fare qualcosa che, se non lo fa, deve fare qualcun altro; in parole povere, fare qualcosa di utile. Tornando ai servizi, possiamo dire che oggi, in modo particolare quelli diurni, stanno sempre più diventando servizi in uscita, che dialogano con il territorio, che cercano di co-progettare, di lavorare in sinergia con le realtà locali. Esperienze come quelle di persone frequentanti i centri diurni che si prendono cura delle aree verdi della propria zona, consegnano la spesa agli anziani o si occupano del book crossing [distribuzione gratuita di libri, N.d.R.] testimoniano la possibilità di una reale integrazione delle persone con disabilità nel tessuto sociale in cui vivono e fanno scoprire il valore di ogni persona come membro attivo della società. Servizi che dialogano fra loro vuol dire anche la possibilità del cosiddetto “diurnato diffuso”, esperienza che sta sorgendo in diversi territori, per cui la persona con disabilità può scegliere di frequentare più centri in base ai propri interessi e alle attività che i singoli servizi offrono. A titolo esemplificativo: la persona non è più obbligata ad andare dal lunedì al venerdì nel suo centro diurno, ma, se un altro centro diurno il martedì organizza un corso di cucina cui è interessata, potrà scegliere per quel giorno alla settimana di recarsi in quella struttura e non nella propria. Ripensare i servizi vuol dire anche e forse soprattutto ripensare alla figura degli operatori, al loro ruolo dentro il servizio, ma anche al loro modo di porsi verso il mondo esterno, siano le famiglie, le istituzioni o le altre realtà del territorio. A loro è richiesto lo sforzo di trovare un nuovo modo di lavorare, di uscire da prassi consolidate e per certi versi rassicuranti, di osare immaginare percorsi nuovi e inediti, tutti da inventare e sperimentare e, proprio per questo, non esenti da rischi.
Tutto questo esige un investimento personale che va evidentemente oltre quello richiesto dal “contratto”, dalle abituali mansioni lavorative; un investimento che può essere di tempo, ma anche e soprattutto di energie personali, di inventiva, di voglia di mettersi in gioco in prima persona, di rischiare. Inoltre, se come si è detto, parliamo di servizi in uscita, di co-progettazione, di rapporti stretti con il territorio e le Istituzioni, l’operatore è chiamato sempre più a diventare una sorta di “tessitore di reti”, colui che, immaginando progetti nei quali vengono coinvolti più attori, riesce a far convergere le parti interessate verso un obbiettivo comune, colui che detiene la regia del progetto stesso, evitando che le energie si disperdano in mille rivoli poco proficui. La conseguenza logica è che l’operatore va a sua volta supportato e motivato: se infatti lo sforzo, l’impegno richiesto è notevole, anche in termini emotivi e motivazionali, egli non può essere lasciato solo; vanno pensati momenti ad hoc, percorsi di sostegno con occasioni di scambio e confronto. In questo senso è fondamentale il lavoro in équipe, dove i diversi saperi e le differenti professionalità, anche esterne al servizio stesso, vanno integrati in un orizzonte di senso comune. Non potremmo naturalmente concludere il discorso sul cambiamento del modo di considerare le persone con disabilità e i servizi a loro dedicati senza sottolineare il ruolo centrale delle Istituzioni, in particolare quelle locali, più vicine al territorio. Esse, infatti, non possono più limitarsi ad essere erogatrici di risorse, a fronte della presentazione di progetti o della partecipazione a bandi, ma devono entrare attivamente nelle reti che si costruiscono, assumersi la titolarità dei progetti e soprattutto dialogare con i soggetti del territorio.
Troppo spesso i rapporti tra Servizi e Istituzioni sono stati dettati dalla burocrazia, dalla ricerca di risorse da un lato e dal corrispondente sforzo di risparmio dall’altro; mettere al centro la persona con disabilità vuol dire ed esige un capovolgimento totale di queste dinamiche, per cui ciò che conta è il benessere del soggetto, il trovare le soluzioni più consone al suo progetto di vita e non i rapporti di forza e potere.

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